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Nel migliore dei mondi possibili, la pubblicazione di questo li-
bro scuoterebbe come un terremoto il dibattito italiano su Internete le nuove tecnologie di comunicazione. Se non produrrà nemme-no uno scarto, significa che quel dibattere è una parvenza di vita,finestre sbattute dal vento in una villa disabitata, mortorio al cuiconfronto un poltergeist è il Carnevale di Rio. Cultura convergente è un saggio rivoluzionario per molte ragio-
ni. La prima è un marchio di fabbrica anglo-sassone: l’essere com-prensibile, appassionante, farcito di prove ed esempi. Nel testo si faspesso riferimento ad autori europei, capaci di brillanti costruzioniteoriche, ma molto meno dotati nel tradurle in un linguaggio im-mediato e in pratiche sociali osservabili. Come per magia, nelle pa-gine di questo libro ogni oscurità concettuale si fa cristallina.
Il secondo merito è che il professor Jenkins si immerge nella
cultura popolare del nostro tempo, fotografa in che modo le nuovetecnologie la stanno cambiando, poi torna in superficie e ci mostraun reportage che in realtà non è sui mezzi di comunicazione ma sucoloro che li usano per comunicare. Nelle sue foto ci siamo noi.
A questo proposito, occorre fare subito una precisazione impor-
In Italia per “cultura popolare” si intende di norma quella folk,
preindustriale o comunque sopravvissuta all'industrialismo. “Cul-tura popolare” sono i cantores sardi o la tarantella.
Chi usa l'espressione in un contesto differente, di solito si riferi-
sce a quella che in inglese si chiama “popular culture”. Qui da noisiamo soliti definirla “cultura di massa”, espressione che ha unomologo anche in inglese (“mass culture”), ma Jenkins fa notare
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che il nome ingenera un equivoco, e inoltre c’è una sfumatura di si-gnificato tra “mass culture” e “popular culture”.
L'equivoco è che la “cultura di massa” – veicolata dai mass me-
dia (cinema, tv, discografia, fumetti) – non per forza dev’essereconsumata da grandi masse: rientra in quella definizione anche undisco rivolto a una minoranza di ascoltatori, o un particolare gene-re di cinema apprezzato in una nicchia underground. Oggi la stra-grande maggioranza dei prodotti culturali non è di massa: viviamoin un mondo di infinite nicchie e sottogeneri. Il mainstream gene-ralista e “nazionalpopolare” è meno importante di quanto fosse untempo, e continuerà a ridimensionarsi.
La sfumatura di significato, invece, consiste in questo: cultura di
massa indica come viene trasmessa questa cultura, vale a dire attra-verso i mass media; cultura popolare pone l'accento su chi la rece-pisce e se ne appropria. Di solito, quando si parla del posto che latale canzone o il tale film ha nella vita delle persone (“La senti? Èla nostra canzone!”), o di come il tale libro o il tale fumetto ha in-fluenzato la sua epoca, si usa l’espressione “popular culture”.
Il problema è che il dibattito italiano sulla cultura pop novanta
volte su cento riguarda la spazzatura che ci propina la televisione,come se il “popular” fosse per forza quello, mentre esistono distin-zioni qualitative ed evoluzioni storiche, altrimenti dovremmo pen-sare che “Sandokan”, “Star Trek”, “Lost2, il TG4 e “La pupa e ilsecchione” sono tutti allo stesso livello, o che Springsteen, i REM,Frank Zappa e Shakira vanno tutti nello stesso calderone, o chenon esistono distinzioni tra i libri di Stephen King e quelli dellebarzellette su Totti, dato che entrambi li ritrovi in classifica.
Ci sono due schieramenti l’un contro l’altro armati – e dalle cui
schermaglie dovremmo tenerci distanti: da un lato, quelli che usa-no il “popolare” come giustificazione per produrre e spacciare fe-tenzie; dall’altra, quelli che disprezzano qualunque cosa non vengaconsumata da un’élite.
Sono due posizioni speculari, l’una sopravvive grazie all’altra.
Le accomuna l’idea che a fruire della cultura pop siano le massemute dell’Auditel, dei sondaggi di mercato, del botteghino.
La terza benedizione di questo libro è proprio questa: va alla ra-
dice di molti equivoci e li estirpa, sposta il cuore dei problemi, daun groviglio inestricabile di banalità a una nuova prospettiva, unmodo di affrontare le questioni che spiazza e ridisegna ogni barri-cata.
Case Domestic Short Hair Cat – aged 9 years plus Complaint: Skin condition Date: 24th June 2009 WH is a spayed DSH cat aged over 9 years. She joined the family from the SPCA when she was approximately 2 years old. The reason for this consultation is that her skin has little lumps over her body. They are predominately on her back but can be found all over. They are raised but don‟t a
International Journal of Impotence Research (2008) 20, 466–478& 2008 Nature Publishing Group All rights reservedREVIEWWomen’s sexual function and dysfunction: current uncertainties,future directionsBC Centre for Sexual Medicine, Vancouver General Hospital, Vancouver, BC, CanadaThere is increasing evidence that women at the outset of sexual activity do not need to have sexualdesire, a