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CAPITOLO 15

IL DOLORE POSTOPERATORIO NELLA CHIRURGIA DELLE NEOPLASIE DEL COLON
E DEL RETTO

Roberto Occhioni, Gianni Colini Baldeschi
1. Introduzione
Il dolore postoperatorio è un dolore acuto, prevedibile e transitorio conseguenza dell’atto chirurgico e della patologia in
causa.
Esso è il chiaro risultato dell’interazione di numerosissimi meccanismi biochimici, fisiologici e psicologici.
Il trauma chirurgico è responsabile di modificazioni umorali a livello dei tessuti lesi con liberazione di sostanze capaci
di abbassare la soglia di attivazione dei nocicettori quali la bradichinina, gli ioni K+, la serotonina e alcune
prostaglandine di tipo E. Vi è pertanto una notevole attivazione dei recettori delle fibre C e Aδ responsabili di un apporto
massivo di impulsi a livello del relè del corno dorsale del midollo.
2. Il dolore nella chirurgia addomino-pelvica
Nella chirurgia addomino-pelvica la sensazione dolorosa è prodotta da stimoli provenienti dalle tre sedi della lesione:
a) cute, b) muscoli aponeurosi e peritoneo, c) organi viscerali interessati dall’intervento. In conseguenza della liberazione
di sostanze algogene e della lesione di nervi cutanei, la componente cutanea del dolore è caratterizzata da una
stimolazione simile a quella provocata da un taglio, è localizzata e spesso associata ad una sensazione urente (1).
a. La componente muscolo-aponeurotica risulta sia dalla liberazione di sostanze algogene che dal conseguente
abbassamento della soglia nocicettiva, come anche dal danneggiamento degli assoni tendino-muscolari del peritoneo e produce un diffuso dolore, localmente o in un’area di riferimento. b. La componente viscerale del dolore è conseguenza del trauma chirurgico del viscere e causa un persistente stimolo nocicettivo caratterizzato da dolorabilità sorda e diffusa, avvertita in un’area di riferimento della parete addominale.
2.1 Meccanismo di azione
Gli impulsi nocicettivi raggiungendo il midollo sono responsabili di reazioni segmentarie e successivamente indirizzandosi verso i centri superiori determinano reazioni soprasegmentarie. Le reazioni segmentarie sono dovute alla proiezione degli impulsi nocicettivi verso il corno anteriore e la colonna intermedio-laterale, attivando dopo uno o più relè simpatici i motoneuroni ed i neuroni pregangliari del simpatico. Si ha pertanto contrattura dei muscoli addominali e una risposta simpatica con vasodilatatazione cutanea e vasocostrizione muscolare e viscerale. L’aumento dell’attività simpatica determina un aumento della frequenza e della forza di contrazione cardiaca, con incremento del lavoro cardiaco e del consumo di Ossigeno. E’ inoltre responsabile del blocco della peristalsi gastro- intestinale e della paresi della vescica con conseguente ritenzione urinaria. La sensibilizzazione dei motoneuroni e degli interneuroni può persistere per vari giorni dopo l’intervento ed è in parte responsabile della dolorabilità alla pressione, dell’iperalgia e dell'allodinia nonché delle anormali risposte riflesse che causano brevi attacchi di spasmi muscolari, fonti di dolori atroci. I messaggi nocicettivi dopo aver superato la “porta spinale” raggiungono la sostanza reticolare del tronco cerebrale, l’ipotalamo ed il sistema limbico attraverso le vie paleospinotalamiche controllate dal sistema oppioide endogeno. Altri impulsi raggiungono il talamo e la corteccia attraverso il sistema spinotalamico (2). L’attivazione delle strutture del tronco cerebrale causa una stimolazione simpatica con reazione di veglia, modificazioni respiratorie, cardiocircolatorie e digestive. A livello ipotalamico gli impulsi nocicettivi stimolano una reazione neuroendocrina con liberazione di endorfine e di ACTH con conseguente ipercortisolemia e iperaldosteronismo. Vi è inoltre aumento dell’increzione di ormone somatotropo, delle gonadotropine e di ADH. La nocicezione perioperatoria facilita quindi un incremento delle secrezioni ormonali che favoriscono il catabolismo ed una riduzione dell’increzione di ormoni che favoriscono l’anabolismo (insuline e testosterone). Tale situazione determina nel periodo postoperatorio iperglicemia, aumento dell’AMP ciclico e degli acidi grossi liberi, dei lattati e dei corpi chetonici, con l’aumento del consumo di ossigeno e la negativizzazione del bilancio azotato. Gli impulsi nocicettivi attraverso il sistema paleospinotalamico attivano la sostanza reticolare ed il sistema limbico strutture responsabili del carattere sgradevole del messaggio nocicettivo e delle conseguenti reazioni emozionali. La sensazione dolorosa cosciente si manifesta con
l’attivazione corticale (3).
A questo livello intervengono i processi cognitivi che permettono l’analisi dei messaggi nocicettivi in funzione della
pregressa esperienza personale e dell’apprendimento. Sono importanti in questa fase alcune caratteristiche della
personalità, quali l’emotività, lo stato d’ansia, l’ambiente socio-culturale, le motivazioni, le relazioni interpersonali.
2.2 Fattori che condizionano il dolore
I fattori che condizionano il dolore postoperatorio sono essenzialmente di 3 tipi:
1. La natura dell’atto chirurgico: è indubbio che il tipo di intervento chirurgico è il fattore principale che condiziona il dolore postoperatorio. Gli interventi per le neoplasie del colon e del retto richiedono ampie incisioni verticali dell’addome che si estendono nella parte sovraombelicale e rappresentano gli atti chirurgici più dolorosi insieme a quelli a carico del torace, del rene e del rachide. Dopo chirurgia addominale maggiore, l’intensità del dolore è notevole nelle prime 48 ore e tende gradualmente a diminuire nel terzo e quarto giorno postoperatorio. 2. La personalità del paziente: l’ansia risulta essere il fattore della personalità più costantemente associato all’intensità del dolore postoperatorio. Le cause di tale ansia sono numerose: a) la ospedalizzazione in se stessa; b) la perdita dell’autonomia; c) il timore dell’intervento e delle sue conseguenze somatiche e sociali; d) lo stesso dolore postoperatorio.Anche il livello culturale rappresenta un fattore personale importante. E’ noto che i pazienti con livello culturale più elevato risentono in grado minore il dolore dopo chirurgia addominale. 3. Il grado di informazione: l’informazione è un fattore importante nel quadro di intervento psicologico pre e postoperatorio. In particolare occorre fornire al paziente informazioni su vari aspetti della malattia e dell’intervento; tali notizie vanno fornite in modo relativo alla personalità del paziente, al tipo di malattia ed al livello culturale. Si può così influire sulla valutazione cognitiva e, di conseguenza, sulle reazioni analgesiche. E’ necessario fornire informazioni sui disturbi concernenti il periodo postoperatorio: il dolore, la presenza di sonda
naso-gastrica, i drenaggi, la ripresa della canalizzazione intestinale (4,5,6).
A tali informazioni è opportuno aggiungere le istruzioni indicanti ai pazienti gli elementi comportamentali che
consentono di far fronte al dolore e agli altri fastidi del periodo postoperatorio, unite ad eventuali tecniche di rilassamento
e biofeedback ed esercizi respiratori.
2.3 Conseguenze legate al dolore

Le conseguenze più importanti legate al dolore postoperatorio sono:
a. La reazione endocrina la quale dipende oltre che dagli stimoli nocicettivi anche da altri fattori quali l’ipovolemia, il
digiuno, l’infiammazione e le sostanze elaborate a livello dei tessuti traumatizzati. Il controllo del dolore quindi diminuisce ma non abolisce la risposta endocrina. b. L’alterazione della funzione ventilatoria che dopo chirurgia addominale maggiore si estrinseca con una diminuzione della capacità vitale (CV) del 40% ed una diminuzione della capacità funzionale residua (CFR) del 60-70%.Tali ripercussioni ventilatorie sono correlate anche alle notevoli anomalie della funzione diaframmatica rilevata dopo interventi sovraombelicali. Pertanto l’analgesia postoperatoria migliora la ventilazione spontanea riducendo del 25-30% l’alterazione della CV e della CFR. Tale miglioramento resta però incompleto perché l’analgesia non è sufficiente a ripristinare un comando diaframmatico normale (7). c. L’alterazione della funzione cardiocircolatoria è rappresentata da incremento della gittata e della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e del consumo di ossigeno. Tali conseguenze sono in parte corrette con una adeguata analgesia postoperatoria. d. Il rallentamento della ripresa della peristalsi intestinale dopo interventi addominali, l’analgesia sia generale che peridurale favorisce una più precoce ripresa della peristalsi e permette una più rapida mobilizzazione assistita e spontanea.
3. La terapia
I farmaci utilizzati per l’analgesia postoperatoria sono:
1. Gli oppiacei: le sostanze oppioidi rappresentano un gruppo di farmaci il cui meccanismo d’azione si evidenzia tramite un legame contratto con un recettore specifico che ne caratterizza anche l’effetto farmacologico. Il farmaco capostipite e più usato è la morfina che agisce prevalentemente sui recettori µ ma in parte anche sulle altre due categorie (χ e δ). Può essere somministrata per via (8): b) in PCA (analgesia controllata dal paziente) Il Fentanyl è un oppioide a rapido inizio d’azione ma di breve durata. E’ usato per via endovenosa e peridurale in infusione continua e/o in PCA. La meperidina viene utilizzata per via intramuscolare ed endovenosa in bolo o in infusione continua (5). La buprenorfina segue la stessa via e modalità di somministrazione della morfina. Il tramadolo è un farmaco analgesico ad azione sui recettori centrali per gli oppioidi con un’affinità maggiore sui siti di legame µ ed inoltre inibisce la ricaptazione di noradrenalina ed aumenta la concentrazione di serotonina a livello centrale sinaptico.Tale farmaco introdotto da pochi anni ha trovato largo impiego per via enterale, intramuscolare ed endovenosa (in bolo ed in infusione continua) (9). 2. Gli anestetici locali: gli anestetici locali utilizzati per l’analgesia postoperatoria sono la bupivacaina e la ropivacaina che vengono usati come unico agente farmacologico alla concentrazione rispettivamente dello 0,25% e dello 0,2% oppure in associazione con oppiacei, FANS, adiuvanti alla concentrazione rispettivamente dello 0,0625-0,125% e dello 0,1%. La somministrazione viene effettuata in boli singoli ripetuti e/o in infusione continua per via epidurale. 3. FANS: i FANS costituiscono un gruppo eterogeneo di sostanze che hanno in comune l’effetto di inibizione della sintesi della prostaglandine da cui dipendono le loro principali caratteristiche farmacologiche. L’effetto analgesico di questi farmaci il cui capostipite è rappresentato dall’acido salicilico è determinato oltre che dall’azione periferica sui mediatori chimici dell’infiammazione anche da un’azione legata ad interessamento del sistema nocicettivo nella sua parte neuronale. Gli effetti collaterali sono rappresentati da (10): a. nefrotossicità b. azione antiaggregante piastrinica c. gastrolesività che può essere prevenuta con sucralfato = sale basico di alluminio e misoprostol = analogo sintetico della prostaglandina E1. 4. Gli adiuvanti:gli adiuvanti rappresentati soprattutto dagli α2 – agonisti che provocano analgesia attivando il sistema noradrenergico discendente. La clonidina è attualmente l’unico α2-agonista utilizzato nella pratica clinica per via: a. orale b. transdermica c. endovenosa d. epidurale. L’analgesia controllata dal paziente (PCA) consente una qualità di analgesia superiore rispetto alle metodiche tradizionali con un migliore comfort per il paziente e dosi complessive di oppiacei ridotte rispetto alle terapie tradizionali (11). Tale riduzione della quantità totale di oppioide permette di raggiungere un buon livello di analgesia con diminuzione della frequenza e della gravità degli effetti collaterali. Una ulteriore riduzione delle dosi di oppioidi e quindi degli effetti collaterali nella PCA endovenosa, si ottiene con le associazioni ad altri farmaci quali i FANS e gli adiuvanti. La PCA permette l’autosomministrazione di dosi piccole e frazionate di oppioidi ed altri farmaci, ad intervalli frequenti, allo scopo di mantenere costanti i livelli enzimatici di tali farmaci. Le moderne pompe per infusione possiedono numerose variabili per una programmazione efficace e sicura delle dosi e dei tempi di somministrazione. Si programma: la dose carico iniziale, cioè la quantità di farmaco che permette al paziente l’analgesia al risveglio dopo anestesia generale; 1. il bolo a richiesta del paziente; 2. l’intervallo minimo tra un bolo e l’altro; 3. la velocità dell’infusione continua; 4. dose limite di farmaco entro le 4 ore.
La PCA epidurale presenta rispetto al PCA endovenoso i vantaggi di:
a. una migliore efficacia; b. una migliore soddisfazione; c. una migliore sedazione. Gli oppioidi maggiormente utilizzati per via epidurale sono la morfina ed il fentanyl che possono essere impiegati da
soli o in associazione ad anestetici locali ed adiuvanti.
3.1 Schemi di trattamento
Schemi di trattamento antalgico post-operatorio, nella chirurgia del colon del retto, utilizzati nel nostro servizio (11,12):
Analgesia endovenosa:

Tabella 1
Ketorolac 30 mg 30-60 minuti prima dell’estubazione Dose carico a fine intervento: morfina cloridrato 0,06-0,1 mg/Kg Preparazione di morfina cloridrato 30 mg+ketorolac 60 mg in 60 ml. Infusione continua: 2 ml/h PCA bolus:0,5 ml. Intervallo minimo tra le dosi (lockout): 20 minuti. Tabella 2 Ketorolac 30 mg. 30-60 minuti prima dell’estubazione Dose carico a fine intervento: buprenorfina 2-4 mcg/kg. Preparazione di buprenorfina 900 mcg+ketorolac 60 mg in 60 ml. Infusione continua: 2 ml/h PCA bolus: 0,5 ml. Lockout: 20 minuti Tabella 3 Propacetamolo 2 gr. 30-60 minuti prima dell’estubazione Dose carico a fine intervento: tramadolo 50-100 mg. Preparazione: tramadolo 400 mg in 60 ml. Infusione continua: 2 ml/h Propacetamolo 2 gr. ogni 8 ore. Tabella 4 Trattamento di eventuali effetti collaterali: - O2 terapia con ventimask - Se la frequenza respiratoria è inferiore a 8/min. ed il paziente si sveglia con difficoltà: somministrare naloxone 0,2 mg e.v. - Nausea: metoclopamide 10 mg e.v. o ondansetron 8 mg e.v. Tabella 5 Analgesia epidurale: sede del catetere peridurale T9-T10 o T10-T11 Dose carico a fine intervento: morfina cloridrato 2-3 mg+bupivacaina 0,125% 12 ml. Infusione continua: bupivacaina 0,125% 5ml/h+morfina cloridrato 0,2mg/h. Tabel la 6 Monitoraggio: 1. pressione arteriosa all’inizio dell’infusione dei farmaci e ogni 30 minuti per 3 ore. Successivamente ogni ora; 2. frequenza respiratoria e livello di sedazione ogni ora nelle prime 24 ore; 3. funzionalità motoria ogni 4 ore; Tabella 7 Trattamento di eventuali effetti collaterali: 1. depressione respiratoria: - naloxone 0,2-0,4 mg e.v. - sospensione dell’infusione peridurale - O2 terapia con ventimask 2. nausea e vomito: - naloxone 0,2 mg e.v. - metoclopramide 10 mg o ondansetron 4-8 mg 3. prurito: - naloxone 0,2 mg 4. ritenzione urinaria: - catetere vescicale - naloxone 0,2-0,4 mg
4. Bibliografia

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Source: http://www.giannicolinibaldeschi.it/pdf/CCR_Pubbl_cap15.pdf

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